Spagna 1936: la rivoluzione incompiuta

“…tutto
per cambiare la vita; per imprimere un altro ritmo a questa nostra
vita; perché gli uomini, ed io tra loro, possano essere fratelli;
perché l’allegria, almeno una volta, esplodendo nei nostri petti
esplodesse sulla terra; perché la Rivoluzione, questa Rivoluzione che è
stata il faro e l’emblema della Colonna di Ferro, potesse essere in un
tempo non lontano una realtà”

Un Incontrolado della Colonna di Ferro

Il
Fenix, Osservatorio astronomico contro la repressione, è uno spazio
occupato di Torino attivo nelle lotte contro la devastazione
ambientale, il razzismo e l’autoritarismo. Nel luglio 2005 il sindaco
DS Chiamparino ha deciso di sgombrarlo e, dopo che numerose
associazioni hanno rifiutato di impossessarsi dello spazio con la
complicità della violenza poliziesca, è stato recentemente donato al
locale CTS (la catena di agenzie turistiche giovanili), ben lieto di
accettare il regalo sebbene avesse già una sede a pochi passi.
Nonostante sgomberi e processi, però, il Fenix è ancora vivo più che
mai, come testimonia l’autoproduzione uscita lo scorso anno in
occasione del settantesimo anniversario della Rivoluzione Spagnola. Si
tratta dell’edizione italiana della “Cronaca appassionata della Colonna
di Ferro” di Abel Paz.
Abel Paz è lo pseudonimo di Diego Camacho,
figlio di contadini andalusi che, a quindici anni, si trovò immerso in
quello straordinario evento che fu la Rivoluzione Sociale, con cui il
popolo spagnolo rispose al sollevamento fascista di Franco il 19 luglio
1936. Poi Diego conobbe l’esilio e dieci anni di galera franchista, nei
quali iniziò a scrivere dell’esperienza rivoluzionaria diventando il
più grande biografo di Buenaventura Durruti.
Il testo che
presentiamo questo sabato, però, non parla di uomini passati alla
storia. “Nella Colonna di Ferro non c’era Durruti, non c’era Ascaso, né
Ortiz, né Mera. Era soltanto una colonna di proletari della FAI e della
CNT che si autodeterminava”. Come afferma il curatore dell’edizione
italiana, è proprio la vicenda di questi anonimi combattenti, molti dei
quali erano stati liberati dal carcere di San Miguel de los Reyes allo
scoppiare della rivoluzione, “l’esempio lampante e pratico di come
l’anarchia funzionasse anche in condizioni più che avverse, come quelle
militari, calate nel contesto avvelenato dalla ferocia della guerra
civile”. È dunque un interesse non soltanto storico quello che ci
spinge a parlare di quanto avvenne settanta anni fa: pensiamo sia
necessario continuare ad interrogarsi sulle possibilità dell’anarchia e
sugli ideali di emancipazione che, nonostante fiumi di sangue versato,
sembriamo ben lungi dal raggiungere. I problemi della libertà, della
proprietà e del militarismo emergono in tutta la propria brutale
concretezza dalla storia di questa colonna di miliziani. Essi hanno
dimostrato che un pugno di uomini, a cui la società borghese aveva
assegnato il posto di rifiuti, può trovare una ragione per vivere e
lottare felici nella volontà di affrontare questi problemi senza
delegarli ad un potere superiore.
Ma, per capire le scelte operate
da questi compagni occorre capire il contesto in cui vissero: un
contesto la cui memoria è stata rimossa da quasi quaranta anni di
franchismo. Consapevoli della difficoltà di descrivere a parole un
evento così complesso come la Rivoluzione Spagnola, vogliamo comunque
soffermarci su alcuni particolari che gli autori dei libri di storia
hanno “dimenticato”, come gli aiuti che il franchismo ricevette dalla
Francia, l’Inghilterra, il Vaticano, l’Unione Sovietica e la stessa
Repubblica Spagnola. Anche per questo ci sembra opportuno dare spazio
alle parole di Abel Paz: “Il blocco
reazionario che pianificò il colpo di stato militare non si sollevava
contro la repubblica di Azaña e Casares Quiroga, ma contro le forze
rivoluzionarie che si manifestavano via via più audacemente in seno
alla classe operaia e contadina spagnola.[…] Ideologicamente il
repubblicanesimo e la socialdemocrazia sono al fianco dello Stato,
della religione, della patria, della proprietà privata, ecc. Gli
esponenti di questi schieramenti politici oggettivamente corrispondono
a quelli che sull’altro fronte si erano sollevati in armi contro la
classe operaia, pertanto erano controrivoluzionari attivi nella zona
repubblicana e per questo si prestavano, sostenuti da molti pretesti, a
riorganizzare lo Stato e la sua autorità. Ma questa riorganizzazione
non era indirizzata a distruggere le forze fasciste, bensì a
distruggere la rivoluzione che il popolo con il suo primo impulso aveva
messo in marcia… Questa era la verità, che la cruda realtà della guerra
oscurò facendo diventare tutti miopi. L’introduzione dello stalinismo
in questo labirinto, è una circostanza che rafforza la
controrivoluzione, perché questa risulta alleata della politica estera
perseguita da Stalin in quei momenti. La rivoluzione, quella vera, era
durata appena un’estate. Durruti aveva lottato controcorrente, senza
piegarsi fino all’ultimo momento. Morire come era morto, senza
transigere, era la sua più grande vittoria su sé stesso. Ora era il
turno di altri, e tra questi c’erano i disperati della Colonna di
Ferro”.

L’opera della Colonna è rimasta incompiuta: la
miopia collettiva di cui parla Abel Paz affligge più che mai la nostra
società se un amico di Pinochet come Carol Woytila può essere ricordato
come un brav uomo e il Presidente Napolitano può parlare di solidarietà
senza che nessuno gli ricordi delle centinaia di immigrati uccisi dalla
legge razzista che porta il suo nome. Per questo, pensiamo abbia senso
parlare del ’36 in Spagna; per questo riteniamo conveniente sottoporre
a critica ogni verità rivelata (ci perdoni il Santo Padre il nostro
relativismo).

Gli anarchici e le anarchiche dell’Ateneo Libertario di Napoli

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